A Toys Orchestra: concerto al Twiggy Club (Varese), 9 ottobre 2010

Posted on 11 ottobre 2010

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Le definizioni di genere sono cosa da scaffale di negozi di dischi o, all’opposto, da supponenza latente di chi, un po’ per insicurezza e un po’ per sfoggio culturale, tenta di ingabbiare ciò che non riesce a comprendere, perdendosi nei meandri di un sottobosco musicale più fitto di quanto le parole riescano a definire.
Quando una band riesce a sfuggire a priori da qualunque classificazione, allora può capitare d’incappare in portatori sani di talento e originalità. Ed è ciò che succede al cospetto degli A Toys Orchestra, formazione italiana che, concerto dopo concerto, macina on the road esperienza e una crescita artistica a elevato tasso energetico. Questa volta sono le pareti del Twiggy Club di Varese l’unico freno alle loro esplosioni sonore, ruvide e grezze negli interventi distorti di chitarra, morbide e puntuali nei tocchi elettrici, mentre l’elasticità della formazione viene evidenziaata quando alcuni dei cinque si scambiano ruoli e strumenti senza che la carica espressiva muti.
Dopo un decennio di carriera, la matrice della scuola britannica non manca di emergere in aperture solari e accordi agrodolci, unite a una poderosa sezione ritmica e all’oscurità della componente elettronica, il tutto avvolto in un corpus denso, un muro di suono compatto preso per mano sicura dalla voce di Enrico Moretto. E l’irruenza della matrice rock non manca, basta pensare a quando si scorda una chitarra senza che si pensi a uno stop, o a quando lo stesso cantante e chitarrista domanda al suo pubblico “Come la preferite questa? Con un’intro un po’ indie o un po’ più tamarra?” (e arriva acclamata la scelta: numero due, ovviamente).
Nella galassia del gruppo cilentano, risaltano le finezze, compaiono minute percussioni, tocchi leggeri al pianoforte che s’insinuano negli arrangiameti, lievi arpeggi, tutti con una consistenza tale da non essere scalfitta dall’orda sonora dei colpi alle pelli della batteria o agli accordi irruenti di chitarra elettrica. Si risale così, in un percorso a ritroso, dall’ultimo Midnight Talks sino agli esordi con Job.
Quando la band conquista il palco, la mezzanotte è sempre più vicina e, quando ne scende apprestandosi ad allestire il banchetto, l’ora è indefinita. Eppure, più che dalle tenebre, chi se ne stava impalato a bocca aperta lì davanti è stato inghiottito da un vortice senza freni di semplice bravura.

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